Da
decenni ormai i testi riempiono non solo gli scaffali di librerie e biblioteche,
ma hanno preso posto anche nei nostri armadi.
Esempio
di questo fenomeno lo si può rintracciare nelle avanguardie artistiche di primo
Novecento quando Sonia Delaunay,
artista francese , creò nel 1923 il Robe-poème, ovvero un abito che riporta su
di sé i versi della poesia di Tristan Tzara “Le ventilateur tourne dans le
coeur”.
Robe -poème 1923 |
Ma la definizione stessa di T-
shirt è collegata alla scrittura ,
poiché il nome si rifà alla forma della T maiuscola che la sua linea assume
quando è distesa.
Si
sono diffuse in tutto il mondo negli anni ’40 quando la Marina militare
americana le usò come divisa per i propri militari. Per tanto tempo sono state
considerate eccessivamente basiche e sportive, di conseguenza abbinabili solo
ai jeans.
Questo indumento unisex si
trasforma successivamente in un manifesto artistico dove si può esprimere il
proprio punto di vista e dal quale traspare la propria inclinazione culturale.
Ma è il movimento punk che trasforma la t-shirt in un
esasperato strumento di comunicazione: lacerata sporca, peccaminosa, la maglia
viene ricoperta da motti estremi e violenti.
I punk intuiscono infatti che
gli indumenti, al pari dei libri e dei manifesti potevano essere armi di
ribellione.
Portabandiera di questo mood è
Vivienne Westwood che inizia nel ’74 a creare t-shirt con immagini pornografiche
. Nel ’77 però l’eccentrica stilista inglese lancia la celebre t-shirt
“Destroy” con il simbolo della svastica, destando molto clamore.
Nel 2005 decide di esprimere il
proprio dissenso contro le amministrazioni Bush e Blair proprio attraverso una
t-shirt con la scritta :” I AM NOT A TERRORIST, please don’t arrest me”,
mostrando così il proprio orientamento politico e il proprio appoggio al
movimento Liberty.
Dagli anni ottanta poi il corpo scritto si diffonde e accoglie non solo motti, ma anche testi di canzoni, poesie, slogan politici. Satira e doppi sensi si fanno spazio nel mondo dell’unconventional moda.
E’ in questo periodo che nascono le
“Slogan T-shirt” di Katharine Hamnett, stilista inglese. La prima uscì nel 1983
ed esordiva così: “ CHOOSE LIFE”.
La
stessa Katharine nel 1984 indossò una propria T-shirt con lo slogan “58% DON'T
WANT PERSHING” quando incontrò il primo ministro inglese Margaret Thatcher.
Katharine Hamnett con il primo ministro Margaret Thatcher |
Nessuno
resiste al fascino delle magliette con gli slogan, da quelli più banali, ad
esempio “I love New York”a quelle politicizzate e con messaggi a sfondo sociale
o ecologista, come quelle della Hamnett.
“Slogan T-shirt” di Katharine Hamnett |
La
modella Naomi Campbell ha portato in passere, ma anche nel
2008 nel film Sex and the City Sarah Jessica Parker, alias Carry Bradshow
indossava una over-sized T-shirt di Katharine Hamnett con lo slogan "Stay
Alive in 85" .
In
Italia “ Parole di cotone”, è un’ azienda che ha come obiettivo quello di diffondere la poesia e la letteratura in un modo
inconsueto ed originale stampando versi celebri su semplici t-shirt di cotone.
Ma non solo, anche brani musicali, motti contro il razzismo , con l’obiettivo
di sensibilizzare il pubblico, li dove istituzioni sociali, culturali e
politiche falliscono.
Un' altro brand italiano che si diletta a stampare frasi e motti molto divertenti su semplici t-shirt bianche è " Happines is a $10 tee"
Parole di cotone |
Un' altro brand italiano che si diletta a stampare frasi e motti molto divertenti su semplici t-shirt bianche è " Happines is a $10 tee"
Happiness is a $ 10 tee |
Quel processo che era nato per strada subisce un’inversione di rotta: designer e brand si impossessano della scrittura del corpo e la società le assimila profondamente e irreversibilmente.
La street-moda diventa mass-moda.
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