martedì 8 maggio 2012

About fashion.... Il corpo come testo




Arte, poesia, musica, moda hanno utilizzato ed utilizzano il corpo come testo.
Da decenni ormai i testi riempiono non solo gli scaffali di librerie e biblioteche, ma hanno preso posto anche nei nostri armadi.
Esempio di questo fenomeno lo si può rintracciare nelle avanguardie artistiche di primo Novecento quando Sonia Delaunay, artista francese , creò nel 1923 il Robe-poème, ovvero un abito che riporta su di sé i versi della poesia di Tristan Tzara “Le ventilateur tourne dans le coeur”.
Robe -poème 1923

Ma la definizione stessa di T- shirt  è collegata alla scrittura , poiché il nome si rifà alla forma della T maiuscola che la sua linea assume quando è distesa.
Si sono diffuse in tutto il mondo negli anni ’40 quando la Marina militare americana le usò come divisa per i propri militari. Per tanto tempo sono state considerate eccessivamente basiche e sportive, di conseguenza abbinabili solo ai jeans.
Questo indumento unisex si trasforma successivamente in un manifesto artistico dove si può esprimere il proprio punto di vista e dal quale traspare la propria inclinazione culturale.
Ma è il movimento punk  che trasforma la t-shirt in un esasperato strumento di comunicazione: lacerata sporca, peccaminosa, la maglia viene ricoperta da motti estremi e violenti.
I punk intuiscono infatti che gli indumenti, al pari dei libri e dei manifesti potevano essere armi di ribellione.
Portabandiera di questo mood è Vivienne Westwood che inizia nel ’74 a creare t-shirt con immagini pornografiche . Nel ’77 però l’eccentrica stilista inglese lancia la celebre t-shirt “Destroy” con il simbolo della svastica, destando molto clamore.
Nel 2005 decide di esprimere il proprio dissenso contro le amministrazioni Bush e Blair proprio attraverso una t-shirt con la scritta :” I AM NOT A TERRORIST, please don’t arrest me”, mostrando così il proprio orientamento politico e il proprio appoggio al movimento Liberty.




Dagli anni ottanta poi il corpo scritto si diffonde e accoglie non solo motti, ma anche testi di canzoni, poesie, slogan politici. Satira e doppi sensi si fanno spazio nel mondo dell’unconventional moda.
 E’ in questo periodo che nascono le “Slogan T-shirt” di Katharine Hamnett, stilista inglese. La prima uscì nel 1983 ed esordiva così: “ CHOOSE LIFE”.
La stessa Katharine nel 1984 indossò una propria T-shirt con lo slogan “58% DON'T WANT PERSHING” quando incontrò il primo ministro inglese Margaret  Thatcher.

Katharine Hamnett con il primo ministro Margaret  Thatcher
Nessuno resiste al fascino delle magliette con gli slogan, da quelli più banali, ad esempio “I love New York”a quelle politicizzate e con messaggi a sfondo sociale o ecologista, come quelle della Hamnett.


“Slogan T-shirt” di Katharine Hamnett

La modella Naomi Campbell ha portato in passere, ma anche nel 2008 nel film Sex and the City Sarah Jessica Parker, alias Carry Bradshow indossava una over-sized T-shirt di Katharine Hamnett con lo slogan "Stay Alive in 85" .




In Italia “ Parole di cotone”,  è un’ azienda che  ha come obiettivo quello di diffondere  la poesia e la letteratura in un modo inconsueto ed originale stampando versi celebri su semplici t-shirt di cotone. Ma non solo, anche brani musicali, motti contro il razzismo , con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico, li dove istituzioni sociali, culturali e politiche falliscono.

Parole di cotone


Un' altro brand italiano che si diletta a stampare frasi e motti molto divertenti su semplici t-shirt bianche è " Happines is a $10 tee"
Happiness is a $ 10 tee

 Quel processo che era nato per strada subisce un’inversione di rotta: designer e brand si impossessano della scrittura del corpo e la società le assimila profondamente e irreversibilmente.
La street-moda diventa mass-moda.

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